18-01-2018
L'assistenza sanitaria è un complesso sistema di prestazioni e servizi estremamente diversificati. Il settore sanitario è di per sé uno dei modelli organizzativi più complessi che si conosca: se pensiamo alla variabilità dei flussi, a quella clinica e genetica dei pazienti, alla diversità dei profili professionali impiegati, alla mutevolezza dei materiali e delle tecnologie biomediche e ai luoghi in cui le prestazioni possono essere erogate, è immediato comprendere i contorni di tale complessità.
Alla fine degli anni ’90, le aziende ospedaliere e sanitarie hanno iniziato a porre una certa attenzione nella conoscenza e analisi dei processi produttivi. Si è infatti capito che il mero controllo degli input senza entrare nel merito dei principali gangli dell’organizzazione non garantiva di per sé il raggiungimento degli obiettivi di qualità, sicurezza ed efficienza nell’erogazione delle prestazioni. Il passaggio epocale da enti ad aziende, ha di fatto voluto imporre alla sanità un modello di gestione manifatturiero, non comprendendo appieno le enormi diversità e la flessibilità uniche ed esclusive del mondo della salute. Per molto tempo si è continuato a pensare che una mera gestione industriale, avrebbe potuto risolvere i problemi e le inefficienze, ma ci si è poi resi conto che queste scelte, spinte da modelli inadattabili, non avevano comunque permesso di modernizzare e nemmeno efficientare i servizi, poiché non si era dato il giusto risalto a: qualità del lavoro, capitale umano, modelli di servizi, organizzazioni, macrostrutture, prassi, produzione di salute primaria, equilibrio tra domanda e offerta, formazione e alle svolte culturali, sia dei pazienti che dei professionisti.
Per far fronte a queste criticità, la Legge Regionale di evoluzione del sistema socio sanitario lombardo (n° 23 del 2015) e in particolare le successive linee guida regionali per l’adozione dei piani di organizzazione aziendali, hanno voluto fare un deciso passo avanti per affrontare in maniera sistematica la continua evoluzione della complessità ospedaliera, andando ad introdurre la funzione di “operation management” nella struttura strategica dell’azienda. La volontà, mutuata da esperienze internazionali, è stata quella di definire e separare la parte operativa “industriale” (ad esempio, la condivisione di risorse, spazi, attrezzature, la supply chain, il bed management), dalla parte “core” clinica, al fine di garantirne il massimo efficientamento dei processi standardizzabili senza che questi ultimi, nella loro gestione, sottraessero tempo ed energie agli operatori sanitari e quindi ai pazienti.
Per tale ragione, la direzione di ASST Bergamo Ovest ha previsto l’istituzione di una Unità Operativa Complessa di Gestione Operativa. La struttura, diretta dall’ing. Andrea Ghedi, è composta da personale multidisciplinare, due dirigenti medici di direzione sanitaria, un’infermiera con laurea magistrale, due ingegneri biomedici e due amministrativi. L’unità operativa si occupa di: - gestione del sistema qualità aziendale secondo la ISO 9001:2015; - accreditamento delle attività sanitarie presso l’ente di controllo (ATS ex ASL); - ingegneria clinica (gestione delle apparecchiature biomedicali per diagnosi e cura e efficientamento d’uso delle stesse); - gestione e prevenzione del rischio clinico; - gestione operativa e supply chain. La creazione di tale unità operativa ha avuto come obiettivo quello di utilizzare le metodologie tipiche dell’operation, al fine di garantire l’equilibrio delle risorse condivise secondo modalità funzionali ai processi orizzontali di cura, concordando in modo dinamico con le varie unità erogative la disponibilità di strutture, spazi, attrezzature e risorse umane, sulla base delle rispettive esigenze, collaborando contemporaneamente alla stesura di protocolli condivisi e indicatori di performance.
Lo schema sotto riportato rappresenta il ruolo dell’operation nella struttura di ASST Bergamo Ovest. Al centro è posto il percorso del paziente, sia esso ospedaliero o domiciliare; la centralità è quello del percorso del paziente, sia esso ospedaliero che territoriale/ domiciliare. Agli estremi troviamo il sistema della logistica delle cose e quello della logistica del paziente.
Alla fine degli anni ’90, le aziende ospedaliere e sanitarie hanno iniziato a porre una certa attenzione nella conoscenza e analisi dei processi produttivi. Si è infatti capito che il mero controllo degli input senza entrare nel merito dei principali gangli dell’organizzazione non garantiva di per sé il raggiungimento degli obiettivi di qualità, sicurezza ed efficienza nell’erogazione delle prestazioni. Il passaggio epocale da enti ad aziende, ha di fatto voluto imporre alla sanità un modello di gestione manifatturiero, non comprendendo appieno le enormi diversità e la flessibilità uniche ed esclusive del mondo della salute. Per molto tempo si è continuato a pensare che una mera gestione industriale, avrebbe potuto risolvere i problemi e le inefficienze, ma ci si è poi resi conto che queste scelte, spinte da modelli inadattabili, non avevano comunque permesso di modernizzare e nemmeno efficientare i servizi, poiché non si era dato il giusto risalto a: qualità del lavoro, capitale umano, modelli di servizi, organizzazioni, macrostrutture, prassi, produzione di salute primaria, equilibrio tra domanda e offerta, formazione e alle svolte culturali, sia dei pazienti che dei professionisti.
Per far fronte a queste criticità, la Legge Regionale di evoluzione del sistema socio sanitario lombardo (n° 23 del 2015) e in particolare le successive linee guida regionali per l’adozione dei piani di organizzazione aziendali, hanno voluto fare un deciso passo avanti per affrontare in maniera sistematica la continua evoluzione della complessità ospedaliera, andando ad introdurre la funzione di “operation management” nella struttura strategica dell’azienda. La volontà, mutuata da esperienze internazionali, è stata quella di definire e separare la parte operativa “industriale” (ad esempio, la condivisione di risorse, spazi, attrezzature, la supply chain, il bed management), dalla parte “core” clinica, al fine di garantirne il massimo efficientamento dei processi standardizzabili senza che questi ultimi, nella loro gestione, sottraessero tempo ed energie agli operatori sanitari e quindi ai pazienti.
Per tale ragione, la direzione di ASST Bergamo Ovest ha previsto l’istituzione di una Unità Operativa Complessa di Gestione Operativa. La struttura, diretta dall’ing. Andrea Ghedi, è composta da personale multidisciplinare, due dirigenti medici di direzione sanitaria, un’infermiera con laurea magistrale, due ingegneri biomedici e due amministrativi. L’unità operativa si occupa di: - gestione del sistema qualità aziendale secondo la ISO 9001:2015; - accreditamento delle attività sanitarie presso l’ente di controllo (ATS ex ASL); - ingegneria clinica (gestione delle apparecchiature biomedicali per diagnosi e cura e efficientamento d’uso delle stesse); - gestione e prevenzione del rischio clinico; - gestione operativa e supply chain. La creazione di tale unità operativa ha avuto come obiettivo quello di utilizzare le metodologie tipiche dell’operation, al fine di garantire l’equilibrio delle risorse condivise secondo modalità funzionali ai processi orizzontali di cura, concordando in modo dinamico con le varie unità erogative la disponibilità di strutture, spazi, attrezzature e risorse umane, sulla base delle rispettive esigenze, collaborando contemporaneamente alla stesura di protocolli condivisi e indicatori di performance.
Lo schema sotto riportato rappresenta il ruolo dell’operation nella struttura di ASST Bergamo Ovest. Al centro è posto il percorso del paziente, sia esso ospedaliero o domiciliare; la centralità è quello del percorso del paziente, sia esso ospedaliero che territoriale/ domiciliare. Agli estremi troviamo il sistema della logistica delle cose e quello della logistica del paziente.
LA STRUTTURA DI GESTIONE OPERATIVA
La struttura di Gestione Operativa ha come obiettivo quello di facilitare e ottimizzare l’uso delle risorse tra i professionisti delle diverse UO, come ad esempio le sale operatorie, i posti letto, le tecnologie biomedicali, l’accesso ai servizi. Da tale mission deriva la necessità di intervenire sui modelli organizzativi, al fine di snellire e semplificare i processi clinici e assistenziali. Le sinergie multidisciplinari e multi professionali dell’unità operativa, per supportare la crescita dimensionale e perseguire l’eccellenza della qualità delle cure, hanno permesso all’organizzazione di evolversi ricercando le migliori sinergie fra le diverse professionalità, ottimizzando l’uso delle risorse nell’ottica di un approccio multidisciplinare e nella gestione dei processi clinici e assistenziali.
Questo primo lavoro ha permesso di individuare il miglior setting assistenziale (posto letto ordinario, day hospital/day surgery, ambulatoriale) rispetto a quanto è autorizzato nel contratto di esercizio ed eventualmente, laddove l’analisi abbia dimostrato vantaggi, di trasformare i posti letti ordinari in posti tecnici a degenza leggera, con risparmio di risorse sia per l’organizzazione che per il paziente. Per giungere ai primi risultati sono stati sviluppati una serie di strumenti di analisi e ri-progettazione dei processi clinici. Il punto di partenza è l’analisi dei dati. La disponibilità e gestione dei dati è un asset fondamentale sia nel processo di cura sia in quello di ricerca perché fornisce elementi e prove oggettive dell’efficacia dell’azione clinica e supporta in modo determinante il cambiamento. Così come nell’industria, dove la quarta rivoluzione industriale è basata sull’analisi del dato, anche l’ospedale ha in essi una fonte inesauribile di conoscenza e di orientamento dei processi e delle strategie. I così detti “big data”, cioè tutta quella mole di dati raccolti dai software ospedalieri, dalle apparecchiature, sono oggi il primo e fondamentale elemento di riorganizzazione e di immediata misura dell’outcome. Un altro strumento, prettamente clinico, è la codifica dei PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici e Assistenziali) e gli audit clinici, che hanno l’obiettivo di allineare i comportamenti clinico-professionali alle evidenze scientifiche, eliminando gli elementi di variabilità artificiale che spesso caratterizzano i processi di cura della aziende sanitarie.
Seppur così lontani, big data e PDTA, sono elementi dello stesso mondo: strumenti di analisi dei processi (process mining) permettono di verificare episodi fuori range, strumenti di clustering permettono di misurare la probabilità che un paziente possa appartenere ad un percorso clinico assistenziale quando viene a contatto con la struttura ospedaliera. Le analisi derivate da una mole così vasta di dati permettono di adattare e definire strategie in tempo reale. Spesso però esiste un’inerzia al cambiamento tipica dei sistemi frammentati: tale ostacolo è stato superato in ASST Bergamo Ovest grazie al fatto che l’Unità di Gestione operativa unisce professionisti di differente estrazione e funzioni strategiche, che spesso nelle azienda tradizionali sono sparpagliate in molte unità operative, in modo da eliminare gli sprechi in tempo tra decisione e traduzione nella pratica organizzativa. Nell’ambito dell’efficientamento dei processi, la gestione operativa interviene nel controllo dei costi andando ad eliminare quelli legati all’inefficienza (approccio lean); fornisce supporto alla Direzione Strategica, ai dipartimenti e alla Direzione delle professioni sanitarie e sociali nel governo clinico e nei percorsi di presa in carico (compresi i servizi di front office e le centrali operative), divenendo di fatto un ponte tra le esigenze strategiche e i bisogni dei clinici.
data collection
- Digital transformation
- eHealth
- healthcare
- Industria 4.0
- ospedale
- supply chain management
19/02/2016
08/03/2016
19/02/2016
20/06/2016
06/10/2016