07-10-2021
di Carlo Rafele, professore ordinario, Dipartimento Ingegneria Gestionale, Politecnico di Torino
di Carlo Rafele, professore ordinario, Dipartimento Ingegneria Gestionale, Politecnico di Torino
Il Covid 19, è opinione ormai consolidata, ha cambiato il nostro modo di vivere nel momento contestuale della sua insorgenza, ma lo sta cambiando anche in prospettiva, perché certe modalità di lavoro, di relazione personale, di acquisizione di conoscenze e altro ancora, sono in corso di evoluzione. Non sappiamo ancora bene quali saranno gli sviluppi effettivi in molti degli ambiti prima citati, ma sappiamo che siamo diversi, individualmente e come società, da prima.
Tra i vari cambiamenti non ancora espliciti, ma intravedibili, rientra la logistica sanitaria. Una delle svolte strategiche dello scorso anno nella lotta alla pandemia è stata la più importante operazione di centralizzazione, e contemporaneamente di terziarizzazione, nel settore sanitario mai operata. Se si è voluto far funzionare la gestione dei materiali sanitari e soprattutto la distribuzione dei vaccini, si è assegnata all’Esercito la loro distribuzione.
L’Esercito, insieme all’Aeronautica per i passaggi aerei, ha creato il collegamento tra i produttori e i centri di consumo regionali, quindi nella prima fase della catena logistica. Successivamente i poli regionali, non potendo gestire con risorse proprie, la distribuzione alle Aziende Sanitarie e alle centinaia di punti di somministrazione, hanno – per la maggior parte – terziarizzato a loro volta a operatori privati, spesso già presenti in attività logistiche in loco.
Questo approccio così dirompente delle logiche tradizionali non si era mai verificato. Il Covid quindi ha determinato una disruption organizzativa, come in molti altri settori sociali e industriali. Dalle disruption non si ritorna uguali a prima, quindi anche per la logistica si può dire che sia stato assimilato un approccio, che oltretutto ha dato risultati oltremodo positivi; abbiamo ricevuto complimenti dall’Europa, non solo per avere vinto i campionati europei di calcio e di pallavolo, ma anche per la gestione dei vaccini. Se la si vuole leggere in ottica di sistema: quando è necessaria una gestione complessa, con risultati in tempi brevi, trasversalità di azioni, similarità di prodotti tra i soggetti consumatori, la centralizzazione/terziarizzazione diventano elementi essenziali e vincenti.
Ora occorre aspettare che tale innovazione nel sistema sia metabolizzata, e ogni realtà regionale avvii un proprio modo di estensione ad altri percorsi logistici. Per essere visibile in tempi ragionevoli, tale innovazione deve essere pensata e governata dal centro del sistema regionale, come lo è stato a livello nazionale per i vaccini & co. Il vero rischio è proprio la mancanza di visioni unitarie regionali che percepiscano l’esistenza di una reale catena logistica, creando il network delle collaborazioni tra operatori sanitari, fornitori e strutture del territorio. Anche perché molte Aziende Sanitarie sono arrivate a un punto di non ritorno con la carenza di risorse interne non rinnovate negli anni, sia in termini quantitativi, sia qualitativi e perciò stanno attivando gare di servizi con logiche, prestazioni e ovviamente quotazioni differenti, anche all’interno della medesima Regione. Se si intende terziarizzare, allora bisogna avere il coraggio di affidare in toto il processo al fornitore e non spezzettarlo tra responsabilità interne ed esterne, come spesso succede per timore di delegare processi core. Un aspetto è il controllo, un altro l’operatività. In questo ambito, esistono da anni due logiche progettuali: il primo prevede che l’Azienda Sanitaria progetti le installazioni logistiche che saranno gestite con gli operatori secondo delle valutazioni tecnico – economiche proprie; il secondo invece imposta l’affidamento a terzi sulla base di parametri prestazionali desiderati, lasciando la scelta dei modi e delle soluzioni tecnologiche ai fornitori. Il sottoscritto, in tutti i progetti pubblici a cui ha avuto l’opportunità di partecipare, ha optato per la seconda scelta, secondo la logica meneghina del “Ofelè fa’ il Tò Mestè” (panettiere fai il tuo mestiere).
Un elemento aggiuntivo recente deriva dal futuro arrivo dei fondi PNRR (diventati la panacea europea, valida per tutti i paesi, a tutte le latitudini del Vecchio Continente) che hanno previsto un capitolo importante riguardante la digitalizzazione della sanità, nel quale il processo di gestione dei farmaci, da magazzino a paziente, può rientrare. Le tecnologie oggi disponibili sono molte, affidabili ed economiche, ma di nuovo, se non si governa il processo, si rischia la diffusione disomogenea delle soluzioni, difficoltà di interfacciamento tra soluzioni parzialmente compatibili, reperimento problematico dei dati tra differenti database e così via. Si assiste a una curiosa discrasia, da un lato l’attrazione verso soluzioni tecnologiche avanzate locali, comprendenti automazioni e robotizzazioni, dall’altra la mancanza di visione sull’innovazione del processo complessivo. Le soluzioni automatizzate (es. di magazzino) sono efficienti se, a valle delle stesse, si ha la digitalizzazione della distribuzione dei farmaci nei reparti, altrimenti si introduce un’innovazione che raggiunge miglioramenti marginali.
Tutto questo fermento, anche se non governato, è comunque preferibile all’immobilismo pre-Covid di cui abbiamo discusso in passato da queste pagine, quindi monitoriamo l’evolversi delle situazioni nazionali e nella XII edizione del convegno Logfarma il prossimo 17 novembre avremo modo di confrontare diverse realizzazioni.
Tra i vari cambiamenti non ancora espliciti, ma intravedibili, rientra la logistica sanitaria. Una delle svolte strategiche dello scorso anno nella lotta alla pandemia è stata la più importante operazione di centralizzazione, e contemporaneamente di terziarizzazione, nel settore sanitario mai operata. Se si è voluto far funzionare la gestione dei materiali sanitari e soprattutto la distribuzione dei vaccini, si è assegnata all’Esercito la loro distribuzione.
L’Esercito, insieme all’Aeronautica per i passaggi aerei, ha creato il collegamento tra i produttori e i centri di consumo regionali, quindi nella prima fase della catena logistica. Successivamente i poli regionali, non potendo gestire con risorse proprie, la distribuzione alle Aziende Sanitarie e alle centinaia di punti di somministrazione, hanno – per la maggior parte – terziarizzato a loro volta a operatori privati, spesso già presenti in attività logistiche in loco.
Questo approccio così dirompente delle logiche tradizionali non si era mai verificato. Il Covid quindi ha determinato una disruption organizzativa, come in molti altri settori sociali e industriali. Dalle disruption non si ritorna uguali a prima, quindi anche per la logistica si può dire che sia stato assimilato un approccio, che oltretutto ha dato risultati oltremodo positivi; abbiamo ricevuto complimenti dall’Europa, non solo per avere vinto i campionati europei di calcio e di pallavolo, ma anche per la gestione dei vaccini. Se la si vuole leggere in ottica di sistema: quando è necessaria una gestione complessa, con risultati in tempi brevi, trasversalità di azioni, similarità di prodotti tra i soggetti consumatori, la centralizzazione/terziarizzazione diventano elementi essenziali e vincenti.
Ora occorre aspettare che tale innovazione nel sistema sia metabolizzata, e ogni realtà regionale avvii un proprio modo di estensione ad altri percorsi logistici. Per essere visibile in tempi ragionevoli, tale innovazione deve essere pensata e governata dal centro del sistema regionale, come lo è stato a livello nazionale per i vaccini & co. Il vero rischio è proprio la mancanza di visioni unitarie regionali che percepiscano l’esistenza di una reale catena logistica, creando il network delle collaborazioni tra operatori sanitari, fornitori e strutture del territorio. Anche perché molte Aziende Sanitarie sono arrivate a un punto di non ritorno con la carenza di risorse interne non rinnovate negli anni, sia in termini quantitativi, sia qualitativi e perciò stanno attivando gare di servizi con logiche, prestazioni e ovviamente quotazioni differenti, anche all’interno della medesima Regione. Se si intende terziarizzare, allora bisogna avere il coraggio di affidare in toto il processo al fornitore e non spezzettarlo tra responsabilità interne ed esterne, come spesso succede per timore di delegare processi core. Un aspetto è il controllo, un altro l’operatività. In questo ambito, esistono da anni due logiche progettuali: il primo prevede che l’Azienda Sanitaria progetti le installazioni logistiche che saranno gestite con gli operatori secondo delle valutazioni tecnico – economiche proprie; il secondo invece imposta l’affidamento a terzi sulla base di parametri prestazionali desiderati, lasciando la scelta dei modi e delle soluzioni tecnologiche ai fornitori. Il sottoscritto, in tutti i progetti pubblici a cui ha avuto l’opportunità di partecipare, ha optato per la seconda scelta, secondo la logica meneghina del “Ofelè fa’ il Tò Mestè” (panettiere fai il tuo mestiere).
Un elemento aggiuntivo recente deriva dal futuro arrivo dei fondi PNRR (diventati la panacea europea, valida per tutti i paesi, a tutte le latitudini del Vecchio Continente) che hanno previsto un capitolo importante riguardante la digitalizzazione della sanità, nel quale il processo di gestione dei farmaci, da magazzino a paziente, può rientrare. Le tecnologie oggi disponibili sono molte, affidabili ed economiche, ma di nuovo, se non si governa il processo, si rischia la diffusione disomogenea delle soluzioni, difficoltà di interfacciamento tra soluzioni parzialmente compatibili, reperimento problematico dei dati tra differenti database e così via. Si assiste a una curiosa discrasia, da un lato l’attrazione verso soluzioni tecnologiche avanzate locali, comprendenti automazioni e robotizzazioni, dall’altra la mancanza di visione sull’innovazione del processo complessivo. Le soluzioni automatizzate (es. di magazzino) sono efficienti se, a valle delle stesse, si ha la digitalizzazione della distribuzione dei farmaci nei reparti, altrimenti si introduce un’innovazione che raggiunge miglioramenti marginali.
Tutto questo fermento, anche se non governato, è comunque preferibile all’immobilismo pre-Covid di cui abbiamo discusso in passato da queste pagine, quindi monitoriamo l’evolversi delle situazioni nazionali e nella XII edizione del convegno Logfarma il prossimo 17 novembre avremo modo di confrontare diverse realizzazioni.